Estero

Faccio parte di una generazione divisa.

Chi è convinto che l’estero sia una terra promessa di opportunità e lavoro, panacea di ogni male;
e chi invece, in preda a deliri di onnipotenza, crede di poter aggiustare un paese,
rimanendo ed accontentandosi.

Non è che una delle due fazioni abbia più ragione dell’altra: c’è chi preferirà un caffé ed un piatto di pasta ad un posto di lavoro soddisfacente, e c’è chi il pasto la domenica dalla nonna non ce l’ha comunque, e spera di potersi realizzare altrove.

A livello di singolo individuo, che si ritrova di fronte a questa scelta, la risposta non è unica e non è semplice.
Ma la questione richiede, appunto, un approccio di singolo individuo.

E’ più semplice partire rinunciando ai propri affetti, o rimanere per lottare, ma negli agi delle proprie abitudini?

Non esiste una risposta universale, ognuno deve cercare la propria. Ogni volta.

Sarebbe però piacevole non sentir più la vuota retorica del “bisogna restare per cambiare le cose”, del “lo stato spende soldi per la tua istruzione e poi tu te ne scappi”.

Il senso di colpa come ancora tenetevela voi, io mi prendo la libertà di scegliere.

Combattere la vita con la vita

Sono partito con questa frase, senza saper bene cosa significasse.
Ritorno senza ancora averlo capito.

Ripenso a paradisi tropicali dietro l’angolo di casa.
Ripenso a 12 ore di volo verso la solitudine,
e 3 ore di viaggio che volano in compagnia.

Anche se la compagnia potrebbe essere solo nella mia testa.

Ma il paradiso non sta nella solitudine di un deserto,
non sta sotto un sasso bianco ricoperto di acqua limpida.
Non sta nei boschi verdi, né nella pioggia.
Non sta nei capelli biondi di una bimba che si arrampica sugli scogli.

Non lo so dove sta il paradiso, ma di sicuro me lo immagino vicino
a questa parentesi nel tempo.

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L’abbiamo combattuta la vita con la vita?

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La vanità del pavone

Come un blocco di marmo.

Un pavone scolpito.
Non è vanitoso, è solo così che lo hanno scolpito.
Quella ruota che lo mette al centro dell’attenzione,
lo ingombra, lo rallenta. Lui in realtà quella ruota la odia.

Vorrebbe strapparsela. Scappare da quello stupido marmo pregiato.
Volare, ma come fare senza coda?
Talmente diseducato alla felicità, da non saper nemmeno come sognare.

Il sonno della ragione genera mostri.
Ma non sono mostri a generare il sonno del mio pavone.
E dato che non sa sognare la felicità,
si tiene quello che ha:
la sua coda. La sua splendida, orribile coda.
La sua condanna, o benedizione.
Sicuramente l’unica cosa che è sua, soltanto sua, in quel mondo di statue immobili.
Nessuno ha una coda come la sua. C’è anche chi ce l’ha più bella, ma nessuna è pesante come la sua.

E dato che non sa sognare la felicità, sogna solo di volare con la sua coda,
verso il cacciatore, così crudele da essere anche lui di marmo.
Già, anche nei sogni esiste la crudeltà (chi non ricorda gli incubi infantili?).
Così crudele che col suo fucile punterà, sempre.
Ma non sparerà, mai.

E anche nel sogno il pavone finirà da solo.
Anche se non era vanitoso, solo diseducato.
E anche nel sogno il pavone è solo un masso di stupido sasso bianco.

Ombre

La consapevolezza cambia tutto,
e a volte non basta.
Come le varie ombre
dei quattro lampioni che illuminano
la mia strada verso casa,
che si incontrano ai miei piedi.
E’ come se l’ombra invece di partire dai miei piedi,
partisse dalla testa, e tutte e quattro si rincongiungessero ai miei piedi.
Ma qual è l’ombra della mia vera testa?
Da quale direzione proviene la mia vera ombra?
Quale ombra seguirò per il mio prossimo passo?
Domande futili con risposte inutili.
Tanto alla fine sorge il Sole e i lampioni si spengono,
di ombra ne rimane una sola,
che rimpicciolisce fino a mezzogiorno,
per poi reingigantirsi fino a sera.

Tanto alla fine i lampioni si spengono,
di ombra non ne rimarrà nessuna,
e delle quattro opzioni,
una sola sarà stata quella giusta.
Quella di muoverti con i tuoi piedi,
anche se spaventato dalla tua stessa ombra.
Muoviti, scappa se preferisci.
Improvvisa, non c’è un pubblico da stupire.
Recitare non mi è mai piaciuto.
Alla fine trova un letto. Uno qualsiasi. Dover dormire qualche ora,
prima che il Sole cancelli le tue ombre,
prima che le tue ombre reinizino a danzarti intorno,
inquietandoti e tormentandoti.