Procastinating like a pro: Noctilucent clouds

These are a rather rare atmospheric phenomenon, which was visible from Amsterdam on June 21st (see pictures below, many prettier exist online). They form in the mesosphere above ~80km of altitude, where the density is comparable to Mars’ atmosphere. Typically, they are only visible from ~50-75 degrees in the summer towards north right after sunset/before sunrise.

This is because the temperature needs to be low enough that water ice cubes of less than 0.1micrometers can form and the Sun needs to be at the right angle. The water nucleates around meteorituc dust to form the cubes. These clouds are not red like you would expect by analogy with sunset/rise because these icecubes scatter blue light into the line of sight.

Man-made global warming has a double effect on these clouds: CO2 cools the upper atmosphere because of the reflection of sunlight (while heating the bottom by greenhouse), which helps crystallization. CH4 (methane, cow burps) instead oxydates (I think CH4+2O2->2H2O+CO2) producing water, which can crystalize.

The low Sun activity decreases the UV background which would destroy the molecules (not sure which is easier to photodisintegrate). All these ingredients made these clouds visible as south as Italy last Friday, there are awesome pictures online.


[disclaimer: I didn’t know these even existed just a few days ago and the above is my current basic understanding on a little bit of shallow reading. Thanks to PPM for discussions.]

Nomadi…

… o senza fissa dimora

Dicono che quando si chiude una porta si apre un portone,
ma io sono ancora qui a fare il barbone.
Grilli parlanti con l’ansia da prestazione si affollano nella mia mente.
Come uno sciame di cavallette oscurano l’orizzonte.

Dieci cm di pensieri, sbriciolati, arrotolati, e bruciati
si diffondono in vorticita’, spinti verso l’alto da flussi termici,
fino a perdere identita’.

Identita’ anarchica che rinneghi affogandoci.

The positive inhumanity of science

What I like about science is that there is no judge, there is no reason. Nature is there, and it doesn’t give a shit whether you understand it or not. Nature happens. It just does.

Like I do. I happen, for no reason, no will, no aim. And yet what I do is artificial.

In science nobody cares who you are, where you are from, what you believe. It’s what you do that matters. Or at least it should be. Working in science who I am doesn’t matter that much, as far as I can do.

No need to explain where I come from.

It’s easier to leave than to be left behind…

L’inchiostro si secca sulla punta della mia penna,
per troppo tempo non l’ho usata.
Ma anche se la penna e’ arida la mente dell’autore e’ fertile,
e produce sensazioni che si ritrovano imbottigliate tra pollice, indice e medio.

scrittura-penna

E’ strano, da Pisa sono partito piu’ di tre mesi fa,
ma e’ oggi che rimango solo qui che me ne rendo veramente conto.
Il tempo ha gia’ sbiadito l’eccitazione della novita’,
ed ora in questa casa momentaneamente silenziosa
realizzo che davvero sono partito.

Mi sento partito, quando siete solo voi ad essere andati.
Ma tornero’, tornerete, torneremo. Come zingari viaggeremo, ed i nostri percorsi
continueranno ad incrociarsi ed intrecciarsi, tessendo una fitta tela di esperienze.
Esperienze come questi ultimi giorni, che sono bruciati come paglia.

Stasera mi mancate, ma so che in realta’ conviviamo sempre, perche’ “home is in your head”.

R.E.M. – Leaving New York

Argini senza margini

Da sempre mi sembra di vivere la mia vita seduto al suo argine,
guardandola scorrere, con quello che vi galleggia, trasportato dalla corrente.
A Pisa forse per la prima volta mi sono tuffato,
affascinato dai vortici,
dalla irrisolvibile turbolenza e
dalla danza di pesci, persone, legni,
esperienze che si sono mescolate e si mescolano,
contaminandosi come succede solo nelle città di passaggio.
Queste città dove sono tutti un po’ stranieri,
e alle qualisi affeziona e si riconosce chi cittadinanza non ha mai avuto.
Stavolta il flusso mi trasporta via,
una corrente mi allontana,
nuovi affluenti rimescolano l’acqua,
e tengo la testa appena sopra,
per poter respirare e guardare un’ultima volta quel me stesso sull’argine. Con disprezzo ed invidia.
Ma tornerò, tornerò presto, ed insieme potremo sdraiarci di nuovo su quel l’argine,
ed osservare di nuovo cosa passa.
E tuffarci, di nuovo, e di nuovo.
A volte soli, a volte in acque cristalline,
a volte insieme a mille facce amiche, beffandoci degli argini, che in fondo sono solo confini.

Gold rush

L’aereo fugge dalla notte, prolungando una giornata fiacca, di quelle in cui succede poco, per non dire niente.
Mangio noccioline, mentre i campi scorrono sconfinati sotto di me.

L’aereo balla entrando nelle nuvole, e continua a volare verso un posto nuovo, ma che non ha fascino.

Ogni tanto il sonno si affaccia, ma il corpo non capisce. La vastità della Terra, e la piccolezza dei millenni di storia umana si capiscono solo viaggiando. Osservo passeggeri, i loro vestiti, i loro comportamenti, e cerco di tracciarne l’origine storica. Tutto questo é niente in confronto al semplice fatto che l’evoluzione del nostro corpo non si é mai confrontata con le velocità di un aereo.

Si affaccia anche la fame. Stavolta é il portafoglio a non capire. O é il sonno di prima che prova a travestirsi?

Coi kilometri, scorrono i paesaggi: acqua, terra, acqua, acqua, lembo di terra, campi, campi rettangolari, campi perfettamente allineati, campi che sembrano deserti – nessuna casa, nessuna città, solo campi. Ed infine la terra diventa brulla, increspata, sottili rughe della crosta ad indicare che anche questo lento viaggio pian piano invecchia. E da brulla diventa arida, desertica.

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Identità

Lo straniero si ferma sulla soglia della terza guerra mondiale.
Su quella soglia osserva gli abitanti di quel mondo a cui lui non appartiene.
Ciascuno di loro sta pulendo la sua arma, con meticolosa attenzione.
Ognuno chino sulla propria arma, nella propria stanza, come se gli altri non esistessero.
Lo straniero non riesce a capire: lui porta in se le differenzere che uniscono come un filo rosso tutti questi futuri martiri.

La società, effimera scatola in cui ci confortiamo, é scossa.

É allora che tanti si aggrappano, in cerca di un qualcosa che li definisca, li rimetta a posto, gli rimbocchi le coperte e gli canti una ninna nanna per tornare a far dormire la ragione, svegliata dalla scossa.

Si aggrappano, insicure e viscide sanguisughe, al bordo della scatola. Il rischio é di romperla, la speranza é una contro-riforma. Rispolverare la vecchia scatola, e andare tutti quanti a dormire là dentro, come sardine ben ordinate sotto uno strato di olio rancido (o ricino?)

Fanculo le scatole, le nazioni, le religioni, le bandiere, la paura e l’identità! Sono nato fuori dalle scatole – forse per questo mi piace tanto romperle? Ho imparato a convivere con la paura e con l’insicurezza. Paura e insicurezza, che come due carcerieri torturano la ragione: la privano del sonno. Non esistono buoni e cattivi, non é così semplice. I carcerieri torturano, i carcerieri sono mostri. I carcerieri sono i mostri che tengono sveglia la ragione per cacciarli.

Al buio tutti i gatti sono neri. Nell’insicurezza tutti gli uomini sono uguali. Le scatole si frantumano, i loro contenuti si mescolano. Contaminazione.

Tu non sei il contenuto della scatola in cui ti sei chiuso. Tu non sei la tua identità. La tua cultura non esiste, é una prigione in cui ti chiudi. Liberati dalla tua scatola, scivola tra gli aggettivi, sii te stesso.

El_sueño_de_la_razón_produce_monstruos

Il sonno della ragione genera mostri. La paura di se stessi genera l’identità, rassicurante fardello sotto cui schiacciare l’esistenza.

Distrarsi sì, ma da cosa?

Viaggi, studio, musica, tutti modi per distrarsi.
Distrarsi sì, ma da che cosa?
La vita trascorre tra azioni, buone e meno buone,
che riempiono il tempo che trovano.
Il tempo, così difficile da definire, scorre.
E come l’albero che cade nella foresta,
scorrerebbe lo stesso se non ci fossimo noi e le nostre azioni a riempirlo?
Viviamo come zeppe di carta ripiegata,
a riempire quel fastidioso vuoto sotto alla gamba del tavolo.
24 pieghe, e con quante dicono si arriverebbe sulla Luna?
24 che un fattore 3 fa erano inarrivabili.
Tutto per riempire quel maledetto vuoto.
foreste_59

Identificazione

Quote

Perché sono così marcio e sbagliato che alla fine ti convincerò che non ne vale la pena, piuttosto che cambiare. Sono un disadattato a me stesso, prima che al mondo. Ma provo comunque quel sottile, malsano, acido piacere ad essere così. Quel sapore di sigaretta, anche se fa male; quella rassicurante dipendenza da una droga…

Io non sono buono, né gentile, né premuroso, né nessuna di quelle stronzate buoniste lì. Sono solo un povero imbecille egoista sfigato. E me ne sono fatto una ragione. Sono quello che sono. Uno spaccafiche, un riempiculi, un cazzo ambulante, un fottuto pezzo di merda sessodipendente senza speranze, e non devo dimenticarmelo mai. Mai.
Dico: “Ripetimi che sono un insensibile pezzo di merda”.

[Chuck Palahniuk – Soffocare]

Cosa riafferma il possesso più di un atto distruttivo?

Presente:
Non volevo essere il figlio che avresti voluto.
Compensare con i successi il voler essere un fallimento.
In molte discipline il fallimento ha un valore che lo rende fondamentale,
non c’è progresso senza errore. Purtroppo però vale solo in ambiti in fondo ristretti.

Possiedo soltanto la mia vita.

Cosa riafferma il possesso più di un atto distruttivo?

Eppure un tempo ero moderato, come quella volta che distrussi tutto il salotto.
La mia rabbia era cieca, ma in fin dei conti mi limitai a smontare, senza veramente far danni.
Cosa sarei capace di fare oggi?

Riflussi gastrici di lustri passati tornano.